Terra di dominazioni, crocevia di culture, la Sicilia è una delle regioni italiane più famose per la sua cucina ricca e variegata. I suoi colori accesi e i profumi intensi di spezie e aromi, svelano le molteplici civiltà che vi hanno lasciato il loro segno. La cucina siciliana nel corso dei secoli si è arricchita d’ingredienti e sapori di diverse culture che si sono susseguite nei secoli. Da quella greca a quella araba, da quella nordeuropea a quella spagnola e francese. Quale altra cucina può vantare tutte queste tradizioni culinarie?
Foto di testa: Cannoli siciliani Uploaded by Mindmatrix, CC BY 2.0
I Greci e i Romani.
I popoli Siculi e Sicani furono quelli che per primi abitarono l’isola posta al centro del Mediterraneo, della loro alimentazione nulla si sa, quelli erano tempi in cui mangiare significava esclusivamente sostentarsi!
Sono stati i Greci, tra il V e il III secolo a.C., con l’introduzione della cultura della vite e dell’olivo, a donare all’isola i beni alimentari più preziosi: l’olio d’oliva, il pane e il vino. Ed è a questo periodo che risalgono le prime notizie scritte sulla cucina siciliana.
Le abitudini alimentari degli antichi Sicelioti, furono oggetto di numerosi scritti di eruditi greci. L’antica Siracusa, in particolare, rese nota la cucina siciliana presso le poleis della Grecia e l’abilità dei cuochi siciliani era richiesta ad Atene, a Sparta e a Corinto. Tra questi spiccavano Labdaco di Siracusa e Mithecos di Siracusa. Questo, conosciuto come Miteco Siculo, citato da Platone, nel dialogo Gorgia, fu l’autore del primo manuale di cucina della storia. Platone parla anche di un certo Sarambos, tratteggiandolo come un esperto nell’arte del buon bere, in pratica il primo enologo della storia.
Archestrato di Gela, gastronomo siciliano vissuto intorno alla metà del III secolo a.C., fu un vero intenditore di cucina. Estimatore dei mitili di Messina, del branzino di Mileto e del tonno che si pescava a Solunto, amava una cucina semplice e genuina dai sapori naturali.
Non c’è dubbio che è con i greci che ebbe inizio in Sicilia la civiltà del buon cibo.
Nelle città greche siciliane si mangiava anche passeggiando per strada i cibi acquistati nel thermopolium (ϑερμοπώλιον), una sorta di friggitoria all’aperto, un “fast food” e “take away” di oltre duemila anni fa.
L’usanza di mangiare per strada venne adottata anche in epoca romana. Si rifocillavano nelle taberne gli spettatori dei giochi che si svolgevano negli anfiteatri per l’intera giornata.
Nasce in questo modo quella “rosticceria” che diverrà una degli aspetti più golosi della cucina siciliana.
L’influenza dell’impero Romano importò all’interno dell’isola abitudini alimentari provenienti da diverse regioni geografiche, ma sostanzialmente il gusto e gli ingredienti rimangono immutati. Il pane, già noto dai tempi dei greci, con il passare dei secoli assunse nuove forme. La bravura e la fama dei cuochi siciliani venne apprezzata anche dalle famiglie patrizie dell’impero che cercavano d’accaparrarsi i loro servizi.
Columella nella sua opera De re rustica del I sec. d.C., parla della samsa siciliana, un pesto di olive aromatizzato e salato già esistente in periodo greco. Il termine adesso indica i residui di spremitura dell’olio.
Bizantini, Mussulmani e Normanni.
Furono i Bizantini a introdurre delle importanti novità nella cucina siciliana: l’uso delle spezie, come la cannella e i chiodi di garofano, e la raffinazione dei formaggi che diventano piccanti e di pasta molle, qualcosa di molto lontano dai semplici caci e dalle ricotte salate fino ad allora lavorati per necessità di conservazione.
È però con lo sbarco dei Mussulmani a Mazara del Vallo che avviene la vera rivoluzione della cucina siciliana. Zucchero di canna, riso, melanzane, fichi d’india, zafferano, mandorle, carrube, fico d’india, miele, gelsomino, aranci e limoni sono solo alcune delle novità introdotte. Ingredienti nuovi da cui da cui prendono vita tantissime ricette sia dolci che salate. A questo periodo si fanno risalire molte delle specialità che contraddistinguono ancora oggi la cucina siciliana: arancine, timballi, sfinci dolci, sorbetti e molto altro ancora.
In questo periodo, testimonianza lasciataci in merito dal geografo Idrisi, si sviluppa la produzione di pasta alimentare secca, un alimento ideale per essere esportato.
Durante la dominazione araba alcuni settori della produzione alimentare erano concentrati nelle mani di membri della comunità, in particolare, quello caseario e vinicolo.
I Normanni, popoli germanici dell’area scandinava, in Sicilia furono presi per la gola dalle delizie della cucina mediterranea locale. La loro presenza arricchì la cucina siciliana delle tecniche per la miglior cottura della selvaggina. Stivate nei barili arrivano in Sicilia le aringhe affumicate, il merluzzo conservato sotto sale, il baccalà e lo stoccafisso.
I sontuosi banchetti della corte normanna, ripresero la tradizione Romana anche nel ruolo attribuito al siniscalco che era quello di aver cura della mensa, di svolgere le funzioni di maestro di casa. A lui spettava l’onore di trinciare le carni di vitelli, agnelli, e cinghiali portati interi nel salone in cui il banchetto era allestito e servirle ai convitati che applaudivano tale gesto.
In questo periodo si attribuisce alla popolazione ebraica dell’isola l’uso dell’aglio soffritto con olio d’oliva con cui condire le verdure lesse e l’introduzione di elementi kasher, come il pane azzimo ancora riscontrabile in alcuni tipi di scaccia ragusana. Alcune pietanze “povere” a base di frattaglie, come ‘u pani ca meusa, il pane con la milza, sono di chiara origine ebraica.
Gli Spagnoli.
Con gli Spagnoli e con l’arrivo anche in Sicilia dei nuovi alimenti dalle Americhe, come patate, pomodori, mais, si assiste a una seconda rivoluzione del gusto.
Con il cacao, la città di Modica si specializza nella lavorazione a freddo della massa di cacao e nascono le prime barrette di cioccolato caratterizzate dai cristalli di zucchero non disciolti nell’impasto.
Conventi e monasteri divennero i luoghi per lo sviluppo di una cucina raffinata, rivolta alle classi nobiliari e all’alto clero. Anche la pasticceria si affina e i monasteri femminili sono i luoghi dove le monache danno vita a veri e propri capolavori dolciari.
La Sicilia Borbonica.
La cucina siciliana tradizionale ha una forte radice borbonica, poiché deriva da quella introdotta dai Monsù, i cuochi francesi che lavorarono per i sovrani durante l’epoca del Regno delle Due Sicilie, sia a Napoli che a Palermo. Nel ‘700 avere dei Monsù al proprio servizio si diffuse tra i nobili isolani ed è dall’incontro tra la cucina baronale e quella povera e popolare che nacque quella cucina d’imitazione e invenzione che diede alla luce ricette divenute famosissime come la caponata o le sarde allinguate.