Spesso i termini “matriciana” e “amatriciana” sono usati ambedue invariabilmente (ed erroneamente) per indicare un piatto celebre della cucina italiana. Probabilmente quello più conosciuto all’estero insieme alla carbonara. In realtà si tratta di due ricette diverse fra loro la cui storia è molto intricata.
La storia delle due ricette è la storia della contesa tra la Capitale Roma e la provinciale Amatrice. Città che rivendicano la paternità della “ricetta originale” della celebre pastasciutta condita col guanciale.
Anche se i romani de’ Roma la chiameranno Matriciana, negando con tal nome la paternità del piatto alla provincia di Rieti, “Amatriciana” significa letteralmente “alla maniera di Amatrice”. Possiamo dire che con i due nomi si indicano due ricette dei due comuni, simili, ma diverse. Dove sia stata eseguita per prima e chi abbia copiato e modificato la ricetta originaria è tutto da scoprire.
Matriciana o Amatriciana?
la ricetta dell’Amatriciana è stata formalizzata dal Comune di Amatrice in un disciplinare De.Co. (Delibera 27/2015), dove si legge:
Il prodotto nasce da un’elementare preparazione pastorale che affonda le sue radici nella storia sociale ed economica del versante amatriciano dei Monti della Laga, dai quali la preparazione trae origine. In particolare l’impiego di guanciale stagionato e pecorino traspongono nella salsa all’Amatriciana la relazione con una zootecnia estensiva che ha caratterizzato per secoli il rapporto dell’uomo con un territorio difficile: in passato i pastori locali, nel periodo di transumanza, che li costringeva lontani da casa per un periodo di 4 – 5 mesi, portavano con sé, per il loro sostentamento, alcuni prodotti di facile e prolungata conservabilità quali, appunto, il guanciale, il pecorino, e la farina. La ricetta originaria è bianca, priva di pomodoro, denominata anche ‘Gricia’, e risale al periodo in cui la città di Amatrice era nel territorio dell’antico Abruzzo.
… La ‘Salsa all’amatriciana’è: − ‘bianca’, nella versione priva di pomodoro, detta anche‘Gricia’; − ‘rossa’, nella versione con pomodoro.
disciplinare Comune di Amatrice
Prime notizie scritte
La prima testimonianza scritta del sugo all’Amatriciana si trova nel manuale di cucina L’Apicio Moderno del 1790 del cuoco romano Francesco Leonardi. La versione dell’illustre cuoco di nobili e aristocratici del tempo, prevedeva l’utilizzo di pomodoro e cipolla. Una ricetta che il cuoco propose al banchetto organizzato da Papa Pio VII nel 1816, in onore di Francesco I Imperatore d’Austria, dando così grande risalto ad una ricetta rielaborata da una ben più antica e di origini popolari: la gricia, la cui invenzione è datata Alto-Medioevo e che ancora oggi è conosciuta come Amatriciana senza pomodoro.
Quindi la gricia si tingerà di rosso pomodoro molto dopo la scoperta dell’America. Il Leonardi fu il primo grande cuoco ad usare assiduamente in cucina il pomodoro. Il cuoco romano aveva lavorato a Napoli per il Principe di Francavilla e nel Regno di Napoli, di cui Amatrice al tempo faceva parte, i pomodori arrivarono grazie agli spagnoli che li avevano importati dalle Americhe. Con l’abbinamento pomodori e gricia nacque così il sugo all’Amatriciana. Non fu un caso che questo condimento si abbinò agli spaghetti napoletani e non ai bucatini o altri formati di pasta.
Differenze tra matriciana romana e amatriciana
Le differenze tra i due piatti sono gli ingredienti utilizzati per prepararli. Se le due ricette concordano sull’uso del guanciale di Amatrice diversi sono gli altri ingredienti impiegati, a cominciare dal formato della pasta. La ricetta del sugo del comune di Amatrice condisce rigorosamente gli spaghetti, invece con quello della matriciana romana si condiscono sia bucatini che rigatoni.
Le differenze non sono finite, se ad Amatrice è blasfemo l’utilizzo di cipolla o aglio, nella versione romana la cipolla è ingrediente determinante. Questa è la differenza sostanziale, oltre alla predilezione dei Romani per il locale pecorino, piuttosto che quello di Amatrice, ed un’apertura ad interpretazioni più personali e meno rigide della ricetta. A proposito di matriciana romana personalizzata, è rimasta nel cuore degli irriducibili sostenitori della paternità capitolina della ricetta quella descritta in una poesia dal mitico Aldo Fabrizi.
ALDO FABRIZI – LA MATRICIANA MIA
Soffriggete in padella staggionata,
cipolla, ojo, zenzero infocato,
mezz’etto de guanciale affumicato
e mezzo de pancetta arotolata.
Ar punto che ‘sta robba è rosolata,
schizzatela d’aceto profumato
e a fiamma viva, quanno è svaporato,
mettete la conserva concentrata.
Appresso er dado che jè dà sapore,
li pommidori freschi San Marzano,
co’ un ciuffo de basilico pe’ odore.
E ammalappena er sugo fa l’occhietti,
assieme a pecorino e parmigiano,
conditece de prescia li spaghetti.
La matriciana alla romana.
Nella Roma dell’inizio XX secolo molti osti della città erano originari di Amatrice tanto che il termine “Matriciano” era correntemente utilizzato per indicare un “gestore di locanda con cucina”. Con buona probabilità a far conoscere l’Amatriciana a Roma e ai romani fu uno di questi “matriciani”, ma a far conoscere la matriciana al mondo ci pensarono i romani.
Nella capitale l’Amatriciana divenne popolare e come spesso accadeva, non solo in cucina, venne inglobata e reinventata in una versione più barocca e più ricca che meglio si adattava alla stile della Capitale: la matriciana.
Dopotutto è stata da sempre una prerogativa romana quella di inglobare altre culture mescolando elementi tipici coi propri fino a renderli indistinguibili. È quello che avvenne con la cultura greca dopo la conquista romana. Altro esempio in ambito gastronomico, è un famoso piatto ebraico: i Carciofi alla Giudìa, considerati una pietanza tipica della tradizione Romana.
La mia matriciana.
La mia ricetta di matriciana è una personale interpretazione che non si allontana troppo dallo stile della Capitale. Pomodorini datterini e ciliegini della mia isola addolciscono un sugo reso sapido dal guanciale stagionato e dal pecorino (siciliano).
Matriciana
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Commenta! Pin Ricetta Stampa ricettaI dati sono forniti al solo scopo informativo e non sostituiscono la consultazione di un medico o di un professionista qualificato. In particolare: il dato delle calorie non è da ritenersi un consiglio alimentare o nutrizionale, i valori indicati sono puramente indicativi; si prega di consultare le etichette degli alimenti per informazioni su allergeni e intolleranze.
Ingredienti
- 250 gr fusilli bucati corti n.°145 Voiello
- 120 gr guanciale
- 200 gr pomodorino datterino - o cilegini, o entrambi
- 100 gr passata di pomodoro
- 70 gr scalogno
- 30 gr porro
- ½ bicchiere vino marsala secco
- ½ peperoncino red scorpion - privato dai semi
- 2 ciuffi rosmarino fresco
- 45 gr pecorino siciliano – canestrato
- q.b. sale marino fino
Strumenti e Utensili
Istruzioni
- Come prima cosa devi preparare gli ingredienti. Affetta lo scalogno e il porro finemente, quindi taglia il pomodoro a filetti ed elimina quanti più semi possibili. In ultimo taglia a striscioline il guanciale.
- Metti a bollire l'acqua per la pasta e in una larga padella lascia tostare il guanciale. Una volta fatto mettilo da parte.
- Nel grasso rilasciato dal guanciale fai tostare il peperoncino e il rosmarino. Rimuovi i rametti di rosmarino non appena si saranno appassiti, quindi metti a soffriggere lo scalogno e il porro.
- Quando saranno ben coloriti, sfuma col vino e lascia evaporare bene la parte alcolica a fiamma vivace.
- Aggiungi il pomodoro a filetti e lascia cuocere per cinque minuti a fiamma vivace. Se occorre aggiungi poca acqua. Intanto puoi calare la pasta.
- Aggiungi la passata di pomodoro mescola e infine aggiungi il guanciale tostato che avevi messo da parte. Lascia restringere ancora dieci minuti a fuoco dolce.
- Scola la pasta ben al dente e mescolala in padella insieme al condimento e al pecorino grattugiato.
- Servi spolverando il piatto con altro formaggio.