Quando pensi al Carnevale è normale che tu possa pensare alle maschere e al dolce che più lo rappresenta: le chiacchiere, cioè il dolce carnevalesco per antonomasia. Friabili, dorate, le chiacchiere di Carnevale hanno un aspetto inconfondibile grazie anche alla spolverata abbondante di zucchero a velo che spesso le caratterizza.
La storia delle chiacchiere.
Chiamate in Italia con diversi altri nomi regionali, le chiacchiere di Carnevale sono dei dolci conosciuti in molti luoghi del mondo dove si celebra la festa più pazza e colorata dell’anno. I francesi, che chiamano le chiacchiere oreillettes (orecchiette), come gli spagnoli che le chiamano orejas, conobbero la loro ricetta al tempo dell’Impero Romano. Infatti, secondo gli storici all’origine delle chiacchiere ci sono dei dolci a base di uova e farina chiamati “frictilia” che venivano serviti alla folla che andava in strada per festeggiare i Saturnali, una festività dell’Antica Roma corrispondente all’odierno Carnevale del calendario della chiesa cattolica.
Apicio, uno dei più raffinati buongustai dell’epoca, nel suo libro “De re coquinaria” descrive queste frittelle come una preparazione “a base di uova e farina di farro tagliate a bocconcini, fritte nello strutto e poi tuffate nel miele”.
Dal mondo cattolico europeo la festività del Carnevale e il suo dolce simbolo giunsero nei territori appena scoperti dell’America, dove sorsero le prime comunità cristiane ad opera dei Gesuiti. Per questo il dolce è apprezzato ancora oggi in Brasile dove è conosciuto col nome di cueca-virada o crostoli.
Tanti nomi, una sola ricetta.
Chiacchiere, frappe, cenci, bugie, cròstoli, sono solo alcuni dei tanti nomi regionali italiani di un dolce dove sopravvive la tradizione dei frictilia. Alla ricetta antica, simile dappertutto, a seconda degli usi locali si sono apportate solo piccole modifiche. Oggi è sempre più raro l’uso di friggere le chiacchiere nello strutto ed è più facile trovarle fritte nell’olio o addirittura cotte in forno.
Qualunque sia l’usanza locale, che le chiacchiere di Carnevale siano sottili o spesse, queste devono presentare le bolle, indice di una frittura compiuta alla perfezione. A proposito, lo sai che aggiungendo un cucchiaio di aceto, le chiacchiere vengono più leggere e bollose?
La ricetta che leggi qui è quella che la nostra amica Giovanna Bascio esegue ogni anno con successo, assolutamente vegan ok fatte senza uova e fritte in olio vegetale. Le foto sono state concesse per la pubblicazione dalla stessa autrice della ricetta.
Le Chiacchiere di Carnevale.
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Commenta! Pin Ricetta Stampa ricettaI dati sono forniti al solo scopo informativo e non sostituiscono la consultazione di un medico o di un professionista qualificato. In particolare: il dato delle calorie non è da ritenersi un consiglio alimentare o nutrizionale, i valori indicati sono puramente indicativi; si prega di consultare le etichette degli alimenti per informazioni su allergeni e intolleranze.
Ingredienti
- 150 gr farina 00
- 150 gr semola rimacinata di grano duro
- 70 ml vino bianco secco
- 25 ml olio extravergine di oliva
- 30 ml maraschino
- 1 cucchiaio aceto di vino bianco
- q.b. sale marino fino
- q.b. olio di semi di arachide
- q.b. zucchero a velo
Strumenti e Utensili
Istruzioni
- Metti le farine nella ciotola della planetaria, aggiungi l’olio e incorporalo alle farine, poi aggiungi il vino, il liquore, l’aceto e un pizzico di sale. Impasta il tutto molto bene fino ad ottenere un composto omogeneo. Chiudi l’impasto formato a palla con una pellicola e lascialo riposare in frigo per almeno un'ora.
- Trascorso il tempo, prendi dei pezzi di impasto e con l’aiuto della sfogliatrice per pasta tira delle sfoglie sottili ma non troppo.Ritaglia a piacere con la ruota dentata le sfoglie. Forma delle strisce e dei rettangoli e friggile in olio caldo a 160°C.
- Lasciale scolare su carta da fritti, quindi cospargile con zucchero a velo o decorale con gli zuccherini colorati.
- A proposito di colore, se vuoi fare delle versioni colorate, basta aggiungere all’impasto del colorante in polvere per alimenti.
Già finite, bisogna rifarle. Troppo buone!
Rifare, rifare 🙂