Le lasagne sono il piatto tipico del pranzo domenicale delle famiglie italiane, uno dei simboli dell’italianità dalla storia molto antica e di cui esistono numerose varianti regionali in tutto il territorio nazionale.
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La storia delle lasagne ci fa comprendere come si sia evoluto il piatto tradizionale, di cui sebbene esistano moltissime varianti regionali si possono individuare due distinte ricette tradizionali codificate della preparazione della lasagna: una riconducibile all’area del Meridione d’Italia, l’altra è tipica dell’Italia Settentrionale. La storia delle due tradizioni ha molti elementi in comune visto che si sono influenzate a vicenda nel corso della loro storia.
Le origini – le lasagne di Apicio.
Le lasagne erano conosciute dai Romani come “laganum”. Erano delle sottili sfoglie, quadrate o rettangolari ricavate da un impasto di farina di grano e acqua.
La “lagana” romana di cui parla il poeta Orazio nel I secolo a.C., era sostanzialmente un pane molto sottile cotto al forno.
Secondo la descrizione del gastronomo romano Apicio nel suo libro “De re coquinaria”, queste sottili sfoglie venivano farcite con della carne.
La “pietanza romana” era ben diversa da quella attuale, ma è chiaro che il nome derivi da questa pasta di sfoglia sottilissima.
Medioevo – lasagne, letteratura e poesia.
L’uso di lessare gli impasti di acqua e farina risale al Medioevo e in quell’epoca la lasagna non fa eccezione essendo uno dei formati più conosciuti dell’epoca. Non furono pochi gli scrittori e i poeti che la citarono o la descrissero nelle loro opere:
granel di pepe vince per virtù la lasagna
Jacopone da Todi
Chi de l’altrui farina fa lasagne, il su’ castello non ha ne muro ne fosso
Cecco Angiolieri
La prima ricetta codificata.
Nel XIV secolo la ricetta delle lasagne viene codificata in un ricettario redatto a Napoli alla Corte di Carlo II d’Angiò tra il 1285 e il 1309. Si tratta del Liber de Coquina di autore ignoto. In questo si legge che la pasta lievitata veniva lessata e condita con del formaggio. L’ingrediente compare per la prima volta nella ricetta.
De lasanis: ad lasanas, accipe pastam fermentatam et fac tortellum ita tenuem sicut poteris. Deinde, diuide eum per partes quadratas ad quantitatem trium digitorum. Postea, habeas aquam bullientem salsatam,et pone ibi ad coquendum predictas lasanas. Et quando erunt fortiter decocte, accipe caseum grattatum.
Delle lasagne: per fare lasagne, prendi della pasta fermentata e fanne una sfoglia sottile più che puoi. Successivamente dividila in parti di forma quadrata e della larghezza di tre dita. Poi, prendi dall’acqua bollente salata e metti a cuocere le lasagne indicate. E quando saranno cotte prendi (versa) del formaggio grattugiato.
Liber de Coquina di autore ignoto
Nei ricettari della corte angioina viene descritto anche un tipo di lasagna farcita con “uova fritte o lessate o strapazzate e ravioli fatti a pezzi o interi, formaggio grasso grattato o tagliato, lardo quanto basta” il tutto contornato da salsicce disposte “all’intorno a guisa del muro” e sormontato da figure di pasta come quella di “un serpente che combatte con una colomba”. Una portata di grande effetto scenico, sicuramente destinata a un banchetto di corte.
Le lasagne di Federico II.
Il manoscritto “Liber de Coquina” presenta tratti in comune con “l’Anonimo Meridionale”, databile alla prima metà del XV secolo.
La studiosa Anna Martellotti ritiene che questo ambizioso manuale di gastronomia sia da attribuire alla Sicilia di età sveva e va fatto risalire intorno al 1240.
Addirittura il libro pare possa essere attribuito a Federico II, Stupor Mundi e figura coltissima del medioevo, Nel manuale alcune ricette in particolare confermerebbero tale attribuzione. In questo, sono descritte diverse ricette di origini arabe e tantissime della penisola italiana, tra cui lasagne e tigelle.
Nel ricettario federiciano di lasagne ve ne sono due versioni molto simili tra loro. Una di queste riporta così:
De lasanis — Ad lasanas, accipe pastam fermentatam et fac tortellum ita tenuem sicut poteris. Deinde, diuide eum per partes quadratas ad quantitatem trium digitorum. Postea, habeas aquam bullientem salsatam, et pone ibi ad coquendum predictas lasanas. Et quando erunt fortiter decocte, accipe caseum grattatum. Et si uolueris, potes simul ponere bonas species puluerizatas, et pulueriza cum istis super cissorium. Postea, fac desuper unum lectum de lasanis et iterum pulueriza; et desuper, alium lectum, et pulueriza : et sic fac usque cissorium uel scutella sit plena. Postea, comede cum uno punctorio ligneo accipiendo
Anonimo Meridionale
Secondo questa descrizione le “lasagne di Federico II” sono quadrate e di pasta sottile, lessate in acqua salata e messe a strati con formaggio grattugiato e spezie, infine mangiate con una specie di forchetta di legno. Probabilmente si tratta di una pietanza conosciuta da Federico II durante il soggiorno con il suo esercito nella Pianura Padana, dove, il 18 febbraio 1248, venne clamorosamente sconfitto dai parmigiani.
Nella “Cronica” di vita religiosa e politica dell’Italia degli anni che vanno dal 1168 al 1287, scritta da Fra’ Salimbene de Adam da Parma, lo stesso che dipinse Federico II come uomo avido che voleva impadronirsi dei beni della Chiesa, è riportato un riferimento alle lasagne che mangia con ingordigia un grasso frate:
non vidi mai nessuno che come lui si abbuffasse tanto volentieri di lasagne con formaggio.
Fra’ Salimbene de Adam da Parma
Lesse e condite con solo formaggio, era nel Medioevo il modo più comune di consumare le lasagne.
Dal Rinascimento all’Ottocento.
In epoca rinascimentale in Emilia venne introdotta la pasta all’uovo, dove le uova sostituiscono l’acqua nell’impasto.
Le lasagne, oltre a essere servite come “primo piatto”, cominciarono a essere utilizzate anche come accompagnamento a lessi di anatre e capponi.
Il condimento delle lasagne a base di burro e formaggio, seppur con minime variazioni, resistette fino alla seconda metà del Settecento, quando cominciano a diffondersi i timballi e i pasticci di lasagne al forno. Nascono in questo periodo le prime ricette fortemente legate al territorio regionale.
Lasagne napoletane.
Risale al 1634 la prima ricetta in cui le lasagne sono farcite con un formaggio a pasta filata e passate al forno. Si tratta della ricetta delle “lasagne di monache stufate, mozzarella e cacio” descritta da Giovanni Battista Crisci nel libro “La lucerna de corteggiani”.
La ricetta non contempla ancora il pomodoro, ingrediente che si ritrova per la prima volta nella ricetta napoletana delle lasagne del 1881 descritta nel “Principe dei cuochi” o “la vera cucina napolitana” di Francesco Palma.
Vincisgrassi marchigiani.
Spesso la farcitura delle lasagne era composta da formaggio, prosciutto e soprattutto sugo di carne ristretto. È il caso dei “Princisgras” descritti da Antonio Nebbia nel “Cuoco maceratese” del 1781, progenitori degli odierni vincisgrassi marchigiani.
Lasagne alla milanese.
Alla fine del Settecento, il cuoco Francesco Leonardi descrive delle lasagne che definisce “alla milanese”. Queste erano preparate con un condimento a base di tartufo, burro, besciamella, cannella e parmigiano. Le lasagne alla milanese scomparvero come specialità gastronomica a fine Ottocento, quando il ripieno si era intanto arricchito con filetti di pollo, funghi e sugo di carne.
Lasagne di carnevale.
Ancora più opulente delle milanesi erano le lasagne che a Napoli si preparavano nel periodo di carnevale. Di queste è fatta menzione nel ricettario in dialetto napoletano d’Ippolito Cavalcanti, datato 1837. Queste prevedevano strati di pasta intervallati da un gustoso sugo di carne, piccole polpette, fette di mozzarella o provola, formaggio grattugiato mescolato con zucchero e cannella.
Lasagne alla genovese.
Appaiono per la prima volta nel ricettario “Il cuciniere italiano moderno” del 1844 le lasagne “alla genovese” insieme a quelle “alla bolognese”. Entrambe sono descritte nella versione “di grasso” e “di magro”.
La versione di grasso delle lasagne alla genovese prevedeva un sugo di carne e parmigiano da alternare con gli strati di pasta. Questo modo di condire la pasta è sopravvissuto nel napoletano dove si continua la tradizione del “sugo alla genovese”. La variante di magro era condita con solo basilico, aglio e pecorino, un condimento oggi noto come pesto alla genovese.
Lasagne alla bolognese.
Le lasagne alla bolognese precedono di circa mezzo secolo la comparsa del ragù da cui oggi sono inseparabili. Nella versione “di grasso”, gli strati di pasta all’uovo erano alternati con spinaci lessati, tritati e ripassati in padella con sugo di carne. Nella versione di magro il condimento consisteva in uno stufato di cipolle ed erbette.
Le lasagne alla bolognese, inizialmente bianche, furono completate solo un secolo dopo con la salsa di pomodoro proveniente dal Regno delle Due Sicilie. Fu in quel periodo che la tradizione della lasagna emiliana si incontra con quella della cucina napoletana.
Dopo l’Unità d’Italia le lasagne continuano a riscuotere successo nella cucina napoletana. Il Re Francesco II Borbone, tanto era appassionato di per questo piatto che venne appellato dal padre col nomignolo di “re lasagna”. Nella cucina romagnola nello stesso periodo le lasagne venivano invece trascurate al punto che perfino il romagnolo Pellegrino Artusi nel libro “Scienza in cucina e l’arte di mangiare bene” del 1891, non ne fa menzione.
Nella versione degli inizi del Novecento della lasagna alla bolognese gli spinaci diventeranno parte integrante della pasta, donandogli la classica colorazione verde, mentre all’interno troveranno posto il classico ragù alla bolognese, la besciamella e il parmigiano grattugiato. Si tratta della odierna versione codificata grazie a qualche ristoratore felsineo all’inizio del Novecento come riportato dallo scrittore Paolo Monelli che nel suo “Il ghiottone errante” del 1935 che scrive:
Ho letto libri sacri e profani, ho cercato in mille volumi certezze e consolazioni, ma nessun libro vale questo volume di lasagne verdi che ci mettono innanzi i salaci osti bolognesi.