La ‘nduja è un insaccato morbido e spalmabile, realizzato con carni suine e peperoncino calabrese. Un salume caratterizzato dal particolare profumo di peperoncino e dal colore rosso acceso. Il suo sapore, dapprima dolcissimo, esplode successivamente con tutta la forza del piccante.
Ormai diffusa in tutto il territorio regionale, seppure con qualche variante locale, la ’nduja è divenuta un emblema gastronomico-culturale dell’intera Calabria. La diffusione, dovuta al successo commerciale, ha decretato il definitivo passaggio dalla produzione familiare artigianale a quella industriale o semi-industriale.
Va detto che esistono produzioni di qualità in particolare nei luoghi di origine di questo salume, cioè nell’altopiano del Poro a Spilinga, una piccola località un tempo in provincia di Catanzaro e adesso in provincia di Vibo Valentia, dove l’8 agosto di ogni anno si celebra la sagra della ‘nduja per festeggiare la famosa nduja di Spilinga che ha ottenuto di recente il riconoscimento IGP, come prodotto d’Indicazione Geografica Protetta.
Le nostre ricette con i la ‘nduja.
In origine la ’nduja di Spilinga era un prodotto artigianale esclusivo della cucina rurale calabra. Nell’alimentazione contadina calabrese, centrale era l’allevamento del maiale, una tradizione che risaliva alle prime invasioni longobarde. Le famiglie contadine allevavano i maiali alimentandoli con ghiande, fichi secchi, fave e altri alimenti ritenuti essenziali per assicurare un sapore squisito alla carne suina e ai prodotti derivati come soppressate, capicolli, e soprattutto la nduja.
Per l’economia domestica contadina, dopo la macellazione del maiale, era fondamentale poter utilizzare le rimanenze della carne suina. Così, gli scarti della macellazione (milza, stomaco, intestino, polmoni, cuore, trachea, ecc.), opportunamente mescolati, salati e conditi con dosi generose di peperoncino piccante, finivano insaccati all’interno di un budello cieco. Il particolare salume veniva affumicato con legno di ulivo, quercia o faggio, e lasciato a stagionare per un minimo di tre fino a un massimo di sei mesi, prima di essere consumato.
Il sale e in particolare il peperoncino, con le loro proprietà antisettiche garantiscono al prodotto una lunga conservazione, senza alcun bisogno di aggiungere sostanze artificiali (la ‘nduja non contiene caseinati).
Nduja di Spilinga, un po’ di storia.
L’origine etimologica della nduja calabrese, come di tanti altri salumi dell’Italia centro-meridionale (la nnoglia irpina, o l’annoia abruzzese), pare sia francese. Questi salumi devono il proprio nome al termine francese aundoille (salsiccia) nome che indica anche una specialità gastronomica transalpina molto affine ai salumi del sud d’Italia con nome simile.
L’andouille sarebbe stata portata dai Normanni nell’Italia del Sud, dove sarebbe sopravvissuta in epoca sveva, e si sarebbe poi diffusa, con diverse varianti, nelle cucine regionali.
La ’nduja calabrese si fonda però su un ingrediente essenziale, il peperoncino. Questo non era presente nella cucina europea prima della fine del XV secolo, cioè fin quando gli spagnoli non cominciarono a importare “el pimiento de las Indias”, cioè il peperoncino proveniente dalle Americhe.
Il peperoncino si diffuse rapidamente nel Vecchio Continente e la pianta, a differenza di altre spezie, si adattò rapidamente al clima del Mediterraneo. Le coltivazioni di peperoncino si moltiplicarono ovunque e la sua alta disponibilità sul mercato fece sì che la spezia divenisse l’ingrediente a buon mercato per confezionare tanti prodotti alimentari poveri, come la ’nduja.
Si può affermare con certezza che la specialità calabrese, così come la conosciamo oggi, non può che essere nata dopo il XVI secolo, nonostante il suo nome richiami origini più antiche. Questa ipotesi è solo una deduzione logica poiché le documentazioni scritte che riguardano questo salume risalgono all’ultimo scorcio del Novecento.
Conclusione.
In conclusione, la ‘nduja è un prodotto davvero speciale che merita di essere conosciuto e apprezzato. La sua morbidezza, il suo gusto piccante e aromatico e la sua versatilità in cucina la rendono un ingrediente unico nel suo genere. Un vero e proprio gioiello della gastronomia italiana da non perdere!