Il pane nero di Castelvetrano, oggi presidio slow food, è un pane dalle origini antichissime. Questo viene prodotto nei comuni trapanesi di Castelvetrano e nell’adiacente Campobello di Mazara, il paese della nostra Giovanna Bascio che ci ha donato la ricetta con cui poter realizzare a casa questa specialità.
… ho realizzato questa “Vastedda” di pane nero cucinandola nel forno elettrico di casa su pietra lavica. Se penso che lo facevo con nonna tantissimi anni fa … quando nonna impastava a mano 10 chili di farina e anche più, Il forno veniva scaldato rigorosamente con rami di ulivo secchi … i ricordi del sapore e del profumo di questo pane sono rimasti scolpiti nella mia mente e ancora oggi lo preparo con tanto amore, perché mi ricorda la mia infanzia.
Giovanna Bascio
Il disciplinare del pane nero di Sicilia.
La particolarità di questo pane è il suo colore, dovuto alla miscela di due grani locali macinati a pietra per ottenere delle straordinarie semole integrali. Nel disciplinare del pane nero, approvato il 05/02/2015 dal Comitato Tecnico Scientifico di Qualità Sicura Sicilia, si legge che le farine da impiegare devono essere molite a pietra in Sicilia e provenire esclusivamente da grani siciliani.
Precisamente sono indicate le proporzioni di un 20% di farina integrale di tumminìa e un’80% di non precisate farine integrali di grano duro siciliano. Non vi è un’indicazione specifica sul tipo, l’importante che si tratti di una delle cinquantadue varietà di grani duri antichi tipici della Sicilia, ma su questo ci torniamo dopo.
Sul grano tumminìa.
Il grano tumminìa (chiamato anche Timilia), si coltivava nell’isola già nella Magna Grecia. Le sue origini fanno riferimento all’antica città greca di Selinunte, dove in alcune tombe di nobili famiglie sono stati rinvenuti resti di pane fatto con il grano tumminìa. I coloni greci col termine trimeniaiòs, si riferivano a questo particolare grano a ciclo trimestrale. Il grano tumminìa si semina a marzo e matura rapidamente per essere raccolto a giugno. A pochi giorni dalla semina si presenta come una fogliolina che successivamente si sviluppa in una lunga spiga bianca, con una “barba” nera molto fitta. La sua maturazione non richiede grandi quantità di acqua, ma solo le temperature elevate dell’isola.
Questo raro grano duro conferisce al pane una superficie molto scura color caffè e un retrogusto persistente di malto. Caratteristiche queste che rendono il pane nero di Castelvetrano, con la sua mollica soffice e profumata, molto appetibile anche da solo.
Altri ingredienti e procedimenti.
Le farine, secondo disciplinare, vanno impastate con acqua, sale di Trapani e lievito naturale (criscenti). Dopo una lunga lievitazione dell’impasto, i pani vengono formati a vastedda, una pagnotta di circa 1 kg di peso e infornati nel forno di pietra. Questo è alimentato con la potatura (rimunnatura) degli alberi di ulivo, abbondantemente coltivato nella zona. Quando raggiunge la temperatura di 300 °C circa, prima di infornare, viene tolta la brace e si ripulisce il forno con una scopa di palma nana. Il pane dovrà cuocere lentamente, senza fuoco diretto.
Il pane nero di Giovanna Bascio.
Questo pane lo preparo ancora come mi insegnò la nonna; con due farine quella di russello e la tumminia. Tanti oggi usano una comune e più economica semola di grano duro al posto del russello, ma con quella farina il pane era più nutriente e rimaneva ancora intatto anche più di una settimana.
Giovanna Bascio
OGNI TANTO MI CAPITA DI SVEGLIARMI PRIMA DELL’ALBA, E PENSO. TRA I MIEI RICORDI CARI, PENSO QUANDO SENTIVO MIA NONNA ALZARSI ALL’ALBA PER FARE IL PANE, QUEL GIORNO PER NOI BAMBINI ERA MOLTO IMPORTANTE, UNA FESTA. IL PANE ALLORA SI FACEVA UNA VOLTA A SETTIMANA. LEI AVEVA UN GRANDE FORNO CON LE MATTONELLE BIANCHE E AZZURRE IN UNA GRANDE CUCINA RUSTICA E IO IMPARAVO DA LEI I VARI PASSAGGI. QUANTA FORZA CI VOLEVA, MA A FINE GIORNATA LA SUA FATICA VENIVA RICOMPENSATA DAI COMPLIMENTI DEL NONNO. A NOI BAMBINI CI FACEVA LE “PIZZITEDDE”, PEZZI DI PASTA DI PANE ALLARGATO E CONDITO CON POMODORO, OLIO SALE SPICCHI DI AGLIO E ORIGANO. IL PROFUMO SI SENTIVA IN TUTTO IL QUARTIERE. HO IMPARATO MOLTO DA LEI E ANCHE DAL NONNO CHE AMAVA CUCINARE. BEI RICORDI INDELEBILI QUANDO CON POCO ERAVAMO FELICI PERCHÉ LA FAMIGLIA SI RIUNIVA INTORNO AD UNA TAVOLA ANCHE SOLO DAVANTI A PIATTONI DI VERDURA DI CAMPAGNA RIPASSATA IN PADELLA E PANE “CUNZATO”, POMODORI SECCHI E OLIVE. I FICHI SECCHI COME DOLCE, E LA DOMENICA LE FAMOSE POLPETTE DELLA NONNA, MA QUESTO VE LO RACCONTO UN’ALTRA VOLTA.
Sul grano russello.
Benché non sia specificato nel disciplinare l’utilizzo di grano russello (russuliddu), essendo questo grano, dalle caratteristiche alte spighe di colore rosso acceso, il più antico dell’isola, insieme al tumminìa, non è difficile pensare che questo venisse impiegato in tempi meno recenti anche per la produzione di pane nero. Certamente nell’antica tradizione contadina c’erano ragionevoli motivi per impiegarlo nella panificazione. In primo luogo per il suo potere saziante che forniva energia per una lunga e dura giornata di lavoro nei campi. Inoltre i pani prodotti con la farina di questo grano erano, non solo particolarmente digeribili, ma si conservavano integri per molti giorni.
Per via della resa produttiva più bassa rispetto ad altre tipologie di grano, la semola di russello ha un costo più alto ed è oggi sostituito con varietà più economiche.
Una cosa certa è che per realizzare il pane nero occorrono gli ingredienti tipici del territorio, che per il loro prestigio oggi sono diffusi e reperibili anche online.
Il pane nero di Castelvetrano
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Ingredienti
- 350 gr farina integrale di grano russello
- 150 gr farina integrale di tumminìa
- 150 gr lievito madre fresco - in alternativa 50 grammi di Lievito Pasta Madre disidratato
- 300 ml acqua tiepida
- 11 gr sale marino fino
- 1 cucchiaino malto di orzo diastasico
- 1 cucchiaio olio extravergine di oliva
Strumenti e Utensili
Istruzioni
- Impasta in planetaria col gancio, le farine, il lievito, il malto e metà dell’acqua. Aggiungi poi man mano l'altra un po' alla volta e continuando ad impastare.Aggiungi il sale alla fine insieme al cucchiaio di olio. Continua ad impastare fino a quando l’impasto è bello incordato.Riponi l'impasto in una ciotola appena oleata e coperta. Lascia lievitare a 16-17 °C 10 oreTravasa l’impasto sull’asse di legno spolverata di semola e forma una palla (vastedda). Bagna la superficie della pagnotta con le mani umide e cospargila con i semi di sesamo.Sistema la pagnotta a” faccia in giù” in un “letto” formato a strati con una prima coperta di lana e poi un telo di cotone, quindi un altro telo di cotone per coprirla e su di esso, infine una seconda coperta di lana. Lascia a lievitare ancora altre due ore.
- Trenta minuti prima che trascorra il tempo della seconda lievitazione, sistema la pietra lavica sulla griglia del forno, posta nella parte più bassa. Accendi il forno impostando la temperatura a 250 °C, la pietra va scaldata bene!Inforna la “vastedda” facendola scivolare sulla pietra con l'aiuto di una paletta cosparsa di semola.I primi 15 minuti cuoci a 250 °C sistemando dentro il forno un pentolino di acqua. Trascorsi i 15 minuti togli il pentolino e continua la cottura per 20 minuti a 200 °C, poi altri 10 minuti a 180 °C. Infine abbassa a 160 °C e lascia finire di cuocere altri 10 minuti lasciando lo sportello del forno leggermente aperto.
- Una volta cotto due sono le cose che puoi fare: o lo tagli caldo e lo condisci con acciughe, pomodori a fette, formaggio fresco pecorino, olio extravergine di oliva abbondante, sale, origano, oppure lo lasci raffreddare completamente su una griglia prima di tagliarlo. Ti consiglio di farne due, uno per farne "pani cunzatu" e l'altro per tenerlo in dispensa dentro un sacchetto di cotone.
Grazie Biagio, a presto con altre ricette antiche.