Il cuscus è una pietanza che amo perché in esso si concretizza il linguaggio comune, culturale e gastronomico, dei popoli del Mediterraneo. Dal Magreb alle regioni costiere della penisola (Sicilia e Sardegna per prime), è una pietanza che esiste in mille declinazioni. In queste emergono le caratteristiche di ogni territorio, vi si intrecciano ingredienti di ogni tipo, tenuti insieme dalla socialità e dalla convivialità che caratterizza questa pietanza.
Il motivo della sua grande diffusione risiede nella facilità di abbinarsi alla perfezione a ogni tipo d’ingrediente, con cui ogni volta riesce a creare straordinarie pietanze nuove. Nella sua storia millenaria questa pietanza ha superato tutti i confini adeguandosi a ogni tradizione alimentare e unendo i popoli al di là di ogni credenza religiosa e abitudine conviviale.
Il cuscus non è solo cibo, è rappresentativo della cultura millenaria mediterranea, è simbolo di convivialità e dell’integrazione tra i popoli.
La pietanza berbera è oggi presente nella cucina dei territori paesi che si affacciano nel Mediterraneo. Oltre che nei paesi dell’Africa nordoccidentale e nelle cucine orientali d’Israele, Giordania, Libano e Palestina, il cuscus fa parte delle tradizioni gastronomiche della Sicilia occidentale e della Sardegna sudoccidentale. Il piatto ha grande popolarità anche in Francia, visto i suoi trascorsi di potenza coloniale del Nordafrica.
Cuscus, di cosa si tratta?
Col termine cuscus, così come si scrive in italiano secondo il Dizionario d’ortografia e di pronunzia, o se preferisci couscous, scritto con grafia francese, si intende un alimento ottenuto cuocendo a vapore dei granelli agglomerati di semola di grano duro prodotta con una macinatura grossolana.
Preparato in speciali pentole di terracotta sovrapposte (una per la zuppa e l’altra bucherellata posta sopra per cuocere la semola), nella cucina berbera, dove il piatto ha origine, si utilizza per accompagnare prevalentemente stufati di carni, o di verdure e pesci in umido.
Le nostre ricette di cuscus.
[dr_recipe_archives taxonomy=”recipe-tag” terms=”cuscus” num_posts=12 carousel=true]Storia e diffusione del cuscus.
Secondo la tesi più accreditata, quella dello storico americano Charles Perry, il cuscus è una pietanza che nasce tra l’XI ed il XIII secolo nelle cucine nomadi dei berberi del Magreb. Questo piatto è rappresentativo della cultura del popolo berbero che praticava la pastorizia e aveva a disposizione solo grano da frantumare, setacciare, lavorare a mano, e far seccare, per poi raccogliere in grandi sacchi di tela.
Questo alimento condivide con la pasta secca alimentare, con la quale ha molte caratteristiche in comune, l’esigenza di poter conservare a lungo i cereali in modo da poterli cucinare anche dopo un lungo periodo di stoccaggio.
Per secoli il cuscus ha sfamato i nomadi del deserto e probabilmente quella che era la principale fonte di sostentamento del popolo berbero, dall’Africa sub sahariana iniziò a diffondersi già in epoca medievale lungo le coste magrebine e nel Mediterraneo.
Prime testimonianze scritte.
Uno dei primi riferimenti scritti al cuscus viene dall’anonimo autore di un libro di cucina della Spagna musulmana del XIII secolo, il Kitāb al-tabīkh fī al-Maghrib wa l-Andalus, che cita una ricetta per preparare la pietanza.
Il primo a menzionare il cuscus in Italia è il geografo della Repubblica di Venezia Giovanni Battista Ramusio. Nel 1550 pubblica il primo trattato geografico dell’età moderna “Delle navigazioni et viaggi”. In questo, nel capitolo dedicato all’Africa, è riportato la testimonianza di tal Giovanni Leone dei Medici, un berbero naturalizzato italiano che descrive i costumi alimentari delle popolazioni marocchine:
“sogliono anchora mangiare carne bollita, et insieme cipolle et fave, ò pure l’accompagnano con un altro cibo, dito da essi Cuscusu”.
Leggendo la testimonianza dello scrittore Francesco Sansovino nel “Del governo et amministratione di diversi regni” del 1578, si capisce come cottura e modo di servire il cuscus siano immutati da almeno cinquecento anni:
“Ma il verno mangiano carne a lessa, insieme con quella vivanda che è detta cuscusu, la quale si fa di pasta come i coriandoli, et lo cuocono in certe pignatte forate per ricevere il fumo di altre pignatte, dopo vi mescolano dentro butiro, et lo bagnano di brodo.”
Diffusione del cuscus nel Mediterraneo.
A diffondere la pietanza nei paesi del Mediterraneo furono gli arabi prima di tutti e poi, tra la il ‘600 e la fine del ‘700, i pescatori di corallo che risiedevano nell’isola di Tabarka di fronte alle coste tunisine. Questi uomini di mare, imbarcavano fra le provviste anche un cospicuo quantitativo di cuscus portandolo in giro tra la Spagna, la Francia, la Sardegna, la Sicilia e la Liguria.
È certo che i pescatori di corallo liguri, abbandonata l’isola di Tabarka, fondarono nel 1738 la città di Carloforte introducendo nell’isola la pietanza, condita solo con vegetali, che qui prese il nome di “cascà”.
Dalla fine del Settecento sono tante le citazioni letterarie che riguardano il cuscus. Nel 1875 è argomento di narrazione nei “resoconti dei viaggi fatti nell’Africa settentrionale” di Edmondo de Amicis. Lo scrittore definisce il cuscus un piatto di principi e di popolo, un piatto rappresentativo della pace tra i popoli del Mediterraneo.
Il cous cous nella tradizione culinaria siciliana.
É una testimonianza del 1777 a riportare la diffusione del cuscus in Sicilia. Questa è inserita un secolo più tardi all’interno di un saggio del Antropologo siciliano Giuseppe Pitré, dove viene riferito un episodio in occasione di un matrimonio a Trapani:
“[fu] regalata al parroco una pietanza chiamata cuscusu colla carne di porco, vivanda in Sicilia dai saraceni lasciata ”.
La cronaca descrive anche la lavorazione della semola, identica a quella tradizionale da sempre utilizzata nel Nord Africa:
“formasi con della semola in un vaso, ove di tanto in tanto spruzzandosi dell’acqua, e strisciandovisi leggermente la mano in giro, in minutissime coccoline si riduce; quindi su una pentola, o sia dentro la sola carne a bollire, un’altra con ispessi e piccoli buchi nel fondo e che la preparata semola contiene, assettandosi, al caldo fumo di quella, che le sta sotto si cuoce”.
Cuscus alla trapanese.
È difficile stabilire se il cuscus sia nella cultura trapanese un antico lascito della dominazione mussulmana, o se sia una tradizione nata dagli scambi culturali che nella seconda metà dell’Ottocento i lavoratori di San Vito Lo Capo, Marsala e Mazara del Vallo, intrattenevano con le regioni costiere tunisine, o ancora, andando più indietro nel tempo, tra la il ‘600 e il ‘700 portato li dai pescatori di corallo di Tabarka, che commerciavano certamente con la città di Trapani dove esistevano maestri artigiani esperti nella mirabile arte della lavorazione del corallo.
Indipendentemente da queste ipotesi il cuscus è diventato nel territorio trapanese una specialità della cucina tradizionale inserita tra i Prodotti agroalimentari tradizionali siciliani. Famoso anche fuori i confini isolani è in particolare il cuscus condito con la ghiotta, una zuppa di pesce misto, ma apprezzabili sono anche le versioni meno note come quello di maiale e quello di verdure e lumache.
Va segnalato il Cous Cous Fest che si svolge a San Vito Lo Capo, un evento gastronomico dove ogni anno si sfidano chef di tutto il mondo nella preparazione di questa deliziosa specialità.
Tradizioni, usanze e modi di consumare il cuscus nel Magreb.
Oggi nei paesi del Magreb il cuscus viene servito con verdure lessate in un brodo più o meno piccante, e qualche tipo di carne, di solito, pollo, agnello o montone e più raramente manzo.
In Marocco il cuscus può essere condito anche con del pesce in agrodolce. In alcune regioni della Libia si usano, oltre al pesce, anche i calamari. Il brodo della carne in Tunisia è rosso, con pomodoro e peperoncino, mentre in Marocco di solito ha il colore giallo dello zafferano.
Preparare e consumare cuscus nel mondo islamico è un “rito” religioso. Il piatto, oltre a essere la portata tradizionale del pranzo del venerdì, il giorno della preghiera collettiva musulmana, è offerto ai poveri in occasione dell’elemosina. Speciali versioni vengono preparate per le occasioni speciali, per i matrimoni o per festeggiare l’arrivo di un nuovo figlio.
Forte è la valenza sociale di questo piatto che si mangia insieme alla famiglia, o con chi fa parte della comunità. La tradizione vuole che si mangi utilizzando le mani, tutti insieme intorno a un unico piatto!
Una rigida etichetta impone che prima d’iniziare il pasto venga sussurrata una preghiera di benedizione per la mensa: “Biss’mi Allah” (in nome di Dio). Poi, come precisa il Corano, si procede intingendo le tre dita della mano destra nel cuscus, per distinguersi dal diavolo che mangia con un dito solo, dal profeta che ne usa due e dall’ingordo che utilizza tutti e cinque le dita della mano.
In una ciotola a parte viene servita l’harissa, una salsa a base di peperoncino rosso, molto piccante e diffusa soprattutto in Tunisia.
Come si cuoce il Cuscus.
Il cuscus si cuoce lungamente al vapore per diventare morbido, leggero e senza grumi.
Quello in vendita nei supermercati occidentali è cotto al vapore e poi essiccato. Le istruzioni sulla confezione consigliano di aggiungervi un po’ di acqua bollente per renderlo pronto al consumo. Questo metodo è rapido e facile da preparare rispetto al metodo tradizionale che prevede l’uso di una cuscusiera per effettuare la cottura a vapore.
Il recipiente per la cottura a vapore viene posto sopra una pentola in cui cuociono le verdure e la carne in umido che farà da condimento. Il cuscus si cuoce assorbendo i sapori del brodo sottostante.
Per garantire una tenuta ermetica, viene posto uno strofinaccio umido tra il bordo della pentola inferiore e il recipiente superiore.