I babbaluci cu l’agghia ‘ngranciata (lumache con aglio soffritto) è una pietanza tipica della cucina palermitana, nota anche come “babaluci ru fistinu”, perché tradizione vuole che questo piatto si consumi in occasione del Festino di Santa Rosalia la cui ricorrenza ricade il 15 di Luglio.

I babbaluci ru fistinu.
Durante il Festino di Santa Rosalia, una festa barocca popolare in omaggio alla santa che liberò la città dalla peste del 1624, le strade della città si popolano di venditori di cibo da strada.
In questa occasione, accanto alle bancarelle di sfinciunari e milusari, fanno la loro comparsa i venditori di babbaluci e quelli di frutta freddissima: ficurinni e muluni ghiacciato (fichi d’india e anguria).
La notte tra il 14 e il 15 di luglio, nessun palermitano verace si sottrae al rito di “sucare babbaluci” sotto il cielo della Marina illuminato dai fuochi d’artificio.
Un piatto che più che una portata vera e propria è quello che si potrebbe definire un passatempo gastronomico, una pietanza che sazia pochissimo ma evidentemnte molto appagante, non a caso un detto popolare recita così:
“Ziti a vasàri e babbalùci a sucàri nun pònnu mai saziàri”
“innamorate da baciare e lumachine da succhiare non possono mai saziare”
Lumache siciliane.
Sono tre le lumache terrestri utilizzate nella cucina siciliana: i babbaluci, termine con cui sono intese le chioccioline della famiglia Helix pisana; gli attuppateddi, ovvero le chiocciole appartenenti alla famiglia Helix naticoides che sono caratterizzati da un tappo costituito da una membrana che chiude (attuppa) l’apertura della conchiglia; infine noti sono i crastuni, ovvero le lumache appartenenti alla famiglia Helix vermiculata, molto consumate nella cucina siciliana.
Soprattutto i “crastuni” e gli “attupateddi” prima di essere cucinati, vanno spurgati tenendoli a digiuno per almeno tre giorni. Questo perché, uscendo dal letargo le chiocciole brucano qualsiasi tipo di vegetale incluse alcune erbe velenose tossiche per l’uomo. É una buona pratica quindi, alimentare le chiocciole per tre o quattro giorni con pane raffermo, in attesa di essere cucinate.



foto di Fritz Geller-Grimm
L’elicicoltura siciliana.

Preferite da gli chef di tutto il mondo sono le lumache provenienti dall’elicicoltura siciliana, cioè dall’allevamento di chiocciole più grande d’Italia.
Le lumache, vendute pronte per essere cucinate (cioè già spurgate), appartengono a una varietà nata da un incrocio tra la rinomata lumaca della Borgogna, la Helix pomatia di delicatissimo sapore, e una razza autoctona, selvaggia e forte, il Cornu aspersum.
Babbaluci cu l’agghia ‘ngranciata, come si preparano.
Con il termine al singolare “babbalùciu”, in dialetto siciliano si intende una piccola lumaca terrestre comunissima nelle campagne di Palermo. Consumata da tempo immemore, il suo nome deriva dal greco arcaico “boubalàkion” (piccolo bufalo) probabilmente per via delle corna.
Le piccole lumache si raccolgono tutta l’estate sugli steli rinsecchiti di molte piante dove si raggruppano a grappoli. Non si cucinano subito appena raccolte, ma vanno fatte spurgare per alcuni giorni.

La preparazione dei babbaluci cu l’agghia ‘ngranciata è apparentemente semplice, si tratta di lumache lesse condite con un aglio soffritto (agghia ‘ngranciata), prezzemolo e pepe nero a volontà.
Quella che risulta laboriosa è la fase della pulizia, mentre la lessatura delle lumache richiede una particolare attenzione.
La ricetta eseguita a regola d’arte pretende che a fine cottura le lumache si presentino tutte “chi cuorna nisciuti i fuora”, cioè il mollusco deve stare fuori dal guscio pronto a essere mangiato senza difficoltà.
Per riuscire nella non facile impresa devi attenerti alle istruzioni che trovi nella nostra ricetta, che poi sono quelle infallibili della mia mamma che le cucina da sempre.

Babbaluci cu l’agghia ‘ngranciata
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Ingredienti
- lumachine 1 Kg
- olio extra vergine di oliva 120 ml
- aglio rosso di Nubia 16 spicchi
- prezzemolo 1 mazzetto
- sale marino fino 3 cucchiai
- pepe nero (macinato fresco) 1 cucchiaino
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Istruzioni
- Metti in ammollo le lumache per un paio d'ore in modo da farle uscire dal guscio. Per non stare a raccoglierle per casa ti consiglio di coprirle con un coperchio forato.Le lumache poi vanno lavate sotto l’acqua corrente strofinandole delicatamente con le mani tra loro per togliere tutte le impurità. Questa operazione va ripetuta più volte fin quando l’acqua non uscirà pulita. Ci vorranno all'incirca circa 10 cicli.
- Trasferisci le lumache in una pentola con dell’acqua fredda che li ricopre per 4 dita, chiudile con un coperchio e lasciale riposare per una mezz’ora. Questa operazione è fondamentale per far tornare fuori le lumache che durante le operazioni di lavaggio si saranno ritirate nuovamente nel guscio.Trascorso questo tempo metti la pentola con le lumache sul fuoco più piccolo della cucina e metti al minimo per portare l'acqua a lento bollore. Grazie al lento riscaldamento dell’acqua le lumache rimarranno fuori dal guscio, cosa fondamentale per poterle poi mangiare agevolmente.
- Non appena le lumache saranno tutte fuori dal guscio, aumenta la fiamma e porta l'acqua a una ebollizione più sostenuta. Quando l’acqua bolle aggiungi 2,5 cucchiai di sale e lascia sobbollire per altri 5 minuti senza mai mescolare, quindi spegni il fuoco.Scola le lumache e sciacquale rapidamente sotto l’acqua corrente. Quindi lasciale a scolare e raffreddare.
- Intanto che le lumache scolano per bene, puoi preparare il soffritto, ovvero l'agghia 'ngranciata. In una padella soffriggi nell’olio d’oliva l’aglio tagliato a fettine. Aggiungi 1 cucchiaino di sale e il pepe nero macinato. Alla fine quando l'aglio si sarà appena imbiondito, spegni il fuoco. A fuoco spento aggiungi al soffritto il prezzemolo tagliato molto finemente, quindi mescola il tutto.
- Con il soffritto ancora caldo condisci le lumache e amalgama il tutto mescolando per bene.
- Versa le lumache così condite in un'ampia ciotola e lasciale riposare almeno un paio d'ore per insaporirsi prima di essere servite.